giovedì 8 ottobre 2009

L'Ambiente di Vita

Galzignano Terme è un paese posto ai piedi dei Colli Euganei (nel Parco Regionale dei Colli Euganei). Ricco di storia e sui pendii coltivati e smossi serpeggiano filari di viti.

Sorgono i colli in successione sull’ampia, piatta campagna ferace, rivestiti di colture e di boschi. Ai margini fanno da cornice e da “porta” le sette chiesette di Monselice, custodi della fede e la “Villa Duodo” che lo Scamozzi disegnò al termine di un belvedere.


La luce intensa distribuita uniformemente nell’aria trasparente conferisce alle forme delle colline un’accentuata presenza plastica. Sostiene Norberg – Schulz che un paesaggio capace di accogliere la luce senza perdere la sua presenza concreta può dirsi “classico”. Favorisce la convivenza, contribuisce a liberare la vitalità umana e la sua individualità.

Insomma l’uomo classico di fronte alla natura riduce il paesaggio a una veduta, introduce equilibrio armonioso fra la terra e il cielo. Esprime la contemplazione dei fenomeni naturali, delle cose, del mondo, s’identifica con l’ambiente.

Ecco allora il significato di abitare: "Appartenere ad un luogo concreto cogliendo le esperienze e le vocazioni di quel luogo".

Giuseppe Boaretto è nato qui, a Galzignano Terme il 19 marzo 1928. E’ vissuto nel villaggio. Ha inseguito sogni, ideali, fantasie, soprattutto interpretando poeticamente la realtà oggettiva dei luoghi e dei suoi caratteri.

Fin dall’infanzia, come tutti i bambini, ha teso un rapporto di correlazione con i significati dell’ambiente. E’ cresciuto in spazi verdi, ha camminato su viottoli scoscesi, giuocato sulla pietra e sul muschio, ascoltato i rumori e i suoni, il fruscio del vento che muove con diversi timbri le fronde degli alberi. Questo avvenne sotto il cielo nuvoloso o sereno, stabile o variabile secondo il mutare delle stagioni. Così “da bambino ha preso coscienza dell’ambiente e sviluppato i suoi schemi percettivi che ne determinano le esperienze successive”. Giacché bisogna essere nel mezzo delle meraviglie della natura per percepirla, per sentirla, per figurarla alla vista o all’immaginazione.

E’ un’autodidatta che riesce a formarsi e a maturarsi meditando, sulla natura e sulla condizione umana, in un passaggio “in cui vivono gli eroi e soggiornano i morti e gli dei”. Le numerose cime euganee sono state sede di templi votivi e di are. Sul Monte della Madonna in tempo antico sorgeva un tempio dedicato a Plutone. Sul versante settentrionale c’è la Grotta di Santa Felicita ed il tempietto di Sant’Agostino del Fogo, ancora, il poggio sacro alle dee di Erebo, dette Fiorine, amiche del dio Plutone. Persino nella Villa dei Vescovi, in una sala affrescata da scene mitologiche, si avverte, per il tramite di uno sguardo inquietante e diabolico di un satiro, il soffio di oscure presenze. Del resto la natura geologica dei Colli Euganei, l’incontro del magma con l’acqua, la presenza di strapiombi di roccia, di forre, di voragini presenta le condizioni di un mondo sotterraneo che conduce fino alla viscere della Terra.


Lo spirito del luogo rivela forme avvolte dal mistero che fondono caratteri esoterici a religiosità iniziatiche. Proprio nei primi secoli del cristianesimo si sviluppò su questi coni montuosi il fenomeno di un eremitaggio, la misteriosità di una possibile tebaide veneta. Strutture e significati che a suo tempo originarono cosmogonie, leggende e tradizioni mitologiche che hanno costituito le basi dell’abitare, cioè non solo la dottrina del mondo ma anche la visione poetica delle sue origini. “Andare per Colli” è come avviare un cammino iniziatico in luoghi per così dire “sacri” designati dalle guide ma avvolti da una poesia luminosa liberata dalle contingenze. La bellezza risplende nella vegetazione e nella flora originaria che lussureggia tra i tornanti dei campi coltivati o deserti. L’apparenza cromatica dei fiori genera nell’artista la verità esteriore e interiore dei colori primitivi: il bianco, il giallo ,il rosso, l’azzurro, che scende fino al nero “Sui pendii petrosi vedrai le piagge di color diverso coprirsi come a primavera suole” , ha scritto il poeta Giuseppe Boaretto. Anzi in questi territori nascono in modo endemico piante esclusive. Il giallo solare dei fiori del fico d’india nano, le delicate sfumature rosa del semprevivo, il vermiglio del giglio di San Giovanni, le variegate orchidee.

Le mole specie botaniche rivestono l’ambiente di mille colori. La veduta propone immagini pittoresche di felicità e di bellezza. Corrono assonanze poetiche che un viaggiatore d’eccezione, Wolfgang Goethe, ha scritto nel suo Diario in Italia 19 febbraio 1787,E’ sorprendente l’affinità di sentimento stupefatto con la veduta dei Colli”.


Al di sopra della terra per tutto il giorno aleggia un vapore che si conosce solo nei quadri di Claude Lorrain, ma è difficile che tale fenomeno naturale sia visibile, come qui, in tutta la sua bellezza. Fiori sconosciuti, spuntano ora dalla terra e nove fioriture dagli alberi; i mandorli che fioriscono sono apparizioni nuove ed aeree fra le querce di un verde scuro, il cielo è come un taffetà illuminato dal Sole.

Da un analogo turbamento nasce la pulsione creativa dell’artista, Giuseppe Boaretto, umile e semplice pittore autodidatta.

Critico Salvatore Antonio Demuro